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A che punto siamo? Non saperlo è la cosa più promettente che ci potesse capitare nell'emergenza pandemica

Di IoNoI  - 16 marzo 2020 ore 17:36:51
Tags: covid19outbreak, Covid-19, covid19italia, crisi, smartlife
Categoria: attualità, società, occupazione

Da più di tre settimane le nostre esistenze scorrono in modo del tutto inedito, incerto e surreale: #covid19outbreak- malgrado la sua subdola spietatezza - ci sta offrendo su un vassoio d'argento l'occasione di fermarci e ripensare tutto, in un continuo sbalzo evolutivo delle nostre #priorità, delle nostre certezze che - giorno dopo giorno - si sgretolano con una facilità disarmante.

E' un fatto epocale, senza precedenti, in un momento storico in cui possiamo sentirci tutti parte delle sue conseguenze su scala #globale. Siamo coesi nella percezione delle criticità, dei limiti e dei rischi che Covid-19 ci ha messo arrogantemente davanti, e quasi mi commuovo pensando che abbiamo la possibilità di esserlo anche nella gestione della ricerca delle soluzioni. Oltre 7 miliardi di persone possono mettere la firma sulla stessa pagina. Non mi sembra affatto poco.

La prima buona notizia è che abbiamo capito che tutto è destinato a mutare irreversibilmente nei termini delle nostre #comfort zone: ciò di fronte a cui prima ci sentivamo impotenti come individui immersi in una società tossica e turbo-consumista, è improvvisamente alla portata di tutti, come un enorme monolite di interazioni sociali in cui anche la singola molecola è un ingranaggio che può - e deve - fare la differenza. Addirittura - cosa impensabile fino a un mese fa - ci viene richiesto di essere meno sociali possibile, e per il bene di tutti. Non è il più ambizioso e originale obiettivo mai stabilito sulla scala planetaria dell’umanità?

In un momento di #crisi profonda sta a noi discernere la zona grigia - ossia il propagarsi dei contagi - dalla zona creativa, in cui possiamo fare del nostro meglio per dare senso a una reazione 'biblica', che nei parametri post-contemporanei significa #resilienza. Ma in concreto, cosa cambia? Praticamente tutto, e c'è da andarne fieri! Abbiamo visto come nelle ore peggiori che stiamo vivendo ci siamo reinventati la nostra vita in un istante. Questa è pura resilienza, e vi voglio dare un'altra bella notizia: stiamo scolpendo su roccia di falesia un livello di civiltà ancestrale, che non sapevamo nemmeno di avere, ma che abbiamo tirato fuori dal nostro passato.

Chi avrebbe mai detto che lo #smartworking sarebbe stata una delle armi più potenti da imbracciare per combattere in trincea contro una pandemia? E chi avrebbe scommesso sulla massiva ristrutturazione e fruizione della didattica online su tutte le filiere della formazione, dall'infanzia alla scuola secondaria, dall'università alla ricerca dottorale e post-dottorale? Ma soprattutto: chi potrà ancora sostenere - nel 2020 - che sia indiscutibile lavorare 8 ore al giorno e 40 alla settimana per garantire efficienza e produttività? Io credo che questa sia la più sopraffina delle #chance di cui disponiamo per spazzare via una ridda infinita di paradigmi obsoleti e afunzionali, che stridono in modo lacerante con le nuove sfide di domani.

Signore e signori, la vera occasione che Covid-19 volens nolens ci invita a cogliere è che in poche settimane potremo eliminare - finalmente - almeno tre secoli di vecchiume incancrenito, reinventandoci da zero una scala valoriale universale, condivisibile, inesauribile, con al centro l'essere umano e un inedito (?) parametro di ricchezza che demolisca quello precedente. Ergo, le recalcitranti aberrazioni dell’accumulo di cose e denaro saranno legittimamente spodestate dalla (ri)scoperta di una risorsa incommensurabilmente più nobile e preziosa: il tempo che abbiamo e che potremo condividere, prestare, impiegare e ricevere per costruire un'opera d'arte colossale, il cui centro d'interesse sarà la persona e i suoi bisogni essenziali, quelli che tutti – in questi giorni – stiamo piacevolmente riscoprendo in un’estasi di sorpresa e incredulità.

Avete notato la drastica battuta d’arresto delle nostre #routine? L’epico scostamento dell’attenzione da quella famigerata e indiscutibile “realtà normale e inopponibile” a un cammino diverso, incerto, tutto da riscrivere con pazienza e circospezione?

Be’ signori miei, non avevamo mai ricevuto un regalo così rivoluzionario, e forse ci spaventa ancora un po’ pensare che la miccia che ha innescato quest'intangibile rivoluzione sia…Covid-19 (sempre nel rispetto assoluto di chi sta soffrendo per un decesso o un contagio, sia chiaro). La cosa che ci proietta nello sconforto è che nell'epoca dell'immediatezza e della simultaneità delle notizie, dell'informazione, dell'aggiornamento costante del nostro status, ci viene chiesto di fermarci. Scacco matto.

Lo so, è difficile da ammettere, però tutti i contatori delle nostre vite si stanno azzerando e curiosamente ci aspetta un nuovo inizio, qualcosa di non programmato, forse di non anelato, e in fondo – applicando per l’ultima volta gli schemi rigidi con cui abbiamo incatenato le nostre vite sino ad ora – un po’ ci rode il fatto che non siamo stati noi quella miccia. Ecco perché ci riscopriamo un po’ inebetiti quando assistiamo a un rallentamento progressivo e incontrovertibile del nostro modo di vivere, di organizzare, di lavorare, di dialogare, persino di pensare! Diamoci un’altra buona notizia: questo approccio sarà migliore e ci farà tanto – ma tanto – bene.

Il disagio che ci opprime nelle prime ore di questa trasformazione è il riflesso dello sterminio delle numerosissime #paure con cui abbiamo vissuto finora i nostri anni: nessuno avrebbe mai osato provare a spezzare quel filo spinato, perché la subdola inerzia con cui lo abbiamo tenuto alla larga per lunghi lustri era la garanzia che nulla ci sarebbe potuto accadere. Era un solido “rispettiamo le regole e andrà tutto bene”. E invece no. Dispiace a tutti uscire allo scoperto, e rigurgitare irriverentemente quelle pavide rassicurazioni del mondo che conoscevamo o meglio – che pensavamo di conoscere.

No, non è andata come tutti pensavamo sarebbe andata: oggi siamo noi la vera #novità, il germoglio di questo cambiamento. E scommetto che tutti stiamo sorprendentemente ritrovando quell’atavico richiamo all’essenzialità: degustare un tè dal terrazzo salutando il vicino che ci sorride e domanda “come va?”, leggere quel libro sepolto dalla polvere del “non ho tempo”, apprezzare una notte ovattata nel silenzio e doviziosa di stelle, riconoscere il suono del bosco o del parco, finalmente riemerso dalle tonnellate di strati di inquinamento acustico a cui ci eravamo arresi. Oppure passare un pomeriggio in famiglia, avvolti nel vero comfort di una quiete sovrana, magari approfittandone per trovare le parole giuste - le mie preferite sono “scusami”, “mi dispiace”, “ti ringrazio” e “lo apprezzo molto” - e offrirle a chi se le merita e basta. Ci sembra poco?

Ora: davvero stiamo tutti sperando che rientri al più presto quella mostruosa e becera cosa che abbiamo ostinatamente chiamato “normalità”, oppure vogliamo scalare l'impervio destino fino alla nostra vetta, da cui godere appieno la struggente bellezza del nostro essere nuovamente noi, insieme?

Pensiamoci bene, perché questa volta abbiamo tutto il #tempo di cui abbiamo bisogno (ed è gratis!).


Di Marco Piccoli

Articolo tratto da Linkedin:
A che punto siamo? Non saperlo è la cosa più promettente che ci potesse capitare nell'emergenza pandemica.
Data pubblicazione: 15 marzo 2020


Su gentile concessione di Marco Piccoli





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