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La giostra di Terzani


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Di IoNoI  - 05 novembre 2020 ore 14:38:04
Tags: Terzani, riflessioni, coscienza, pensiero profondo, io chi sono?
Categoria: saggezza, spiritualità, società
 

Quanta esperienza e quanta saggezza. Quanta poesia e quanta bellezza impressa nello splendido libro del grande Tiziano Terzani, «Un altro giro in giostra» (Longanesi).

Una perla…

Con questo testamento spirituale egli mise nero su bianco riflessioni di grande spessore. Regalò al lettore storie intrise di profondità ed acuta visione del futuro.
Un uomo vicino alla fine dei suoi giorni, che visse il suo tramonto esistenziale in un continuo divenire, alla ricerca del senso più profondo della vita e di una risposta all’eterna domanda che ognuno di noi si è posto almeno una volta nella vita: «io chi sono?».

Questo è un libro importante, dal quale attingere e trarre spunti di riflessione sulle nostre vite e il nostro tempo.

Vogliamo omaggiare il grande scrittore toscano ricordandolo attraverso solo alcuni dei bellissimi passi raccolti nella sua opera più matura e personale, già citata in precedenza.

Buona lettura!

“...l’ascesa dei Sufi accompagnata dal ruotare per ore, un rito mistico che simboleggia la vita. Ruotare come l’esistenza: nell’atomo ruotano elettroni e i neutroni, nel cosmo ruotano gli astri, i pianeti, i satelliti, le stelle. Il nostro è un ciclo, che come un cerchio inizia con la nascita dalla terra e si conclude tornando come polvere alla terra.„

“...se la scienza non fosse in fondo cieca, come lo sono in una vecchia storia indiana i cinque protagonisti ciechi a cui viene chiesto di descrivere un elefante. Il primo cieco si avvicina all’animale e gli tocca le gambe: «L’elefante è come un tempio e queste sono le colonne», dice. Il secondo tocca la proboscide e dice che l’elefante è come un serpente. Il terzo cieco tocca la pancia del pachiderma e sostiene che l’elefante è come una montagna. Il quarto tocca un orecchio e dice che l’elefante è come un ventaglio. L’ultimo cieco, annaspando, prende in mano la coda e dice: «L’elefante è come una frusta!»

Ogni definizione ha qualcosa di giusto, ma l’elefante non viene mai fuori per quel che è davvero.

Questo è il problema della scienza: è esatta, è precisa, è libera, ed è anche pronta a ricredersi sostituendo una teoria con un’altra, una vecchia verità con una nuova; ma resta, proprio perché scienza, irrimediabilmente limitata nella sua comprensione della realtà.
Guardare la realtà solo attraverso la lente della scienza è fare come l’ubriaco di Mullah Nasruddin, il mistico, mitico protagonista di tante belle, ironiche storie, originariamente mediorientali, ma ormai entrate a far parte della cultura popolare asiatica. L’uomo, dopo aver passato la serata a bere con gli amici, si accorge rientrando di aver perso la chiave di casa e si mette a cercarla nel fascio di luce dell’unico lampione lungo la strada. «Perché proprio lì?» gli chiede un passante. «Perché è l’unico posto in cui riesco a vedere qualcosa», risponde l’ubriaco.
Gli scienziati si comportano allo stesso modo. Il mondo che con i loro strumenti ci descrivono non è il mondo, è una sua parzialissima rappresentazione, un’astrazione che in verità non esiste. Come non esistono i numeri: utilissimi alla scienza, ma nella natura i numeri non ci sono.
Il mondo in cui uno si alza al mattino è fatto di montagne, di onde che sbattono spumeggiando contro le scogliere, di prati dove l’erba è verde, di uccelli coi loro gridi, di animali coi loro richiami e tanti, tanti uomini con le loro vite. E che fanno i poveri scienziati dinanzi a tutto questo? Misurano, soppesano, scoprono delle leggi, analizzano i vari aspetti delle varie manifestazioni del mondo, e di ognuna spiegano tutto, senza però alla fine spiegare nulla. E comunque prendere in considerazione solo ciò che è ovvio, semplice, ciò che viene percepito dai sensi, senza potersi occupare delle emozioni, dei sentimenti, di ciò che impercettibilmente cambia la vita di ciascuno di noi, come l’amore, o cambia il mondo di tutti, come l’ingordigia.„


“La meditazione, tanta gente dice di praticarla. la parrucchiera, il guidatore dell’autobus, le segretarie d’azienda, gli impiegati di banca, le donne di mezz’età, i giovani che lavorano in borsa che così la loro mente, sperano, sia più capace di concentrazione e di successo. Tutto a causa di un mostruoso e scoraggiante processo di modernizzazione nel quale ogni scoperta diventi oggetto di moda e ogni piccolo segreto sia un prodotto da mettere in vendita nei supermercati.„

“...eliminando la sofferenza al suo insorgere, l’uomo moderno non si nega la possibilità di prendere coscienza del dolore e della straordinaria bellezza del suo contrario: il non dolore.
perchè in tutte le tradizioni religiose il dolore è visto come una cosa naturale, come una parte della vita? Che abbiamo dimenticato?
Siamo condizionati a pensare che il bene deve eliminare il male, che nel mondo deve regnare il positivo e che l’esistenza non è l’armonia degli opposti.
In questa visione non c’è posto ne per la morte ne per il dolore. La morte la neghiamo non pensandoci, togliendola dalla nostra quotidianità, relegandola, anche fisicamente, la dove è meno visibile.
Il dolore abbiamo pure pensato a sconfiggerlo. Abbiamo trovato i rimedi per ogni male ed abbiamo eliminato dall’esperienza umana anche il più naturale, il più antico dei dolori: quello del parto, sul quale è fondato l’orgoglio della maternità e l’unicità di quel rapporto forse saldato proprio dalla sofferenza.
Dopo un’operazione, quando si riprende conoscenza, una delle prime constatazioni che si fanno, uno dei primi segni che ci fanno capire di essere ancora al mondo, è il dolore.
Si può davvero controllare il dolore con la mente? Se tutte le sensazioni che proviamo sono legate alla coscienza, basterebbe staccare la mente, la coscienza per non sentire più il dolore.„


“...a volte abbiamo l’impressione che la nostra vantata civiltà, tutta fondata sulla ragione, sulla scienza e sul dominio di ciò che ci circonda, ci abbia portati ad un vicolo cieco, ma tutto sommato pensiamo ancora che proprio la ragione e la scienza ci aiuteranno ad uscirne.
Così continuiamo imperterriti a tagliare foreste, ad inquinare fiumi, seccare laghi, spopolare oceani, allevare e massacrare ogni sorta di animali perchè questo - ci dicono gli scienziati economisti - produce benessere.
E col miraggio che più benessere vuol dire più felicità, investiamo tutte le nostre energie nel consumare, come se la vita fosse un eterno banchetto romano in cui si mangia e si vomita per poter rimangiare.
È questo sentirci liberi , disgiunti dal resto del mondo, a causarci un gran senso di solitudine e di tristezza. Non riusciamo a sentire la grandezza di ciò che ci sta attorno e di cui siamo parte.„


“...La depressione è una malattia soprattutto occidentale. Gli occidentali sono troppo attaccati alle cose. Siamo fissati sulle cose. Uno perde, ad esempio, la sua penna e da allora non fa altro che pensare alla penna persa, senza capire che la penna persa non ha alcun valore.„

“Dal punto di vista del buddhismo il male, tutti i mali, quelli psichici e quelli fisici, hanno un’unica radice: l’ignoranza.
L’ignoranza dell’Io causa la sofferenza che affligge l’uomo dalla nascita alla morte; la stessa ignoranza causa «i tre grandi veleni della mente» - il desiderio, la rabbia, l’ottusità - che scatenano le malattie nel corpo.„


“...L’economia si sta mangiando la nostra civiltà creando attorno a noi un deserto dal quale nessuno sa come uscire. Meno di tutti gli economisti.
...Per l’economia è una buona notizia che la gente compri di più, costruisca di più, consumi di più. Ma l’idea degli economisti che solo consumando si progredisce è pura follia. È così che si distrugge il mondo, perchè alla fine dei conti consumare vuol dire consumare le risorse della Terra. Utilizziamo risorse notevolmente superiori a quanto essa produce.„


“...Col nostro tipo di vita non facciamo la minima attenzione modo in cui respiriamo - non ci rendiamo neppure conto di respirare! - ed è logico che prima o dopo ne paghiamo il prezzo.
...diceva, un medico tedesco, Otto Warburg, premio Nobel per aver scoperto che in tutte le forme di cancro le cellule ammalate erano al tempo stesso affette da una grave mancanza di ossigeno, mentre le cellule sufficientemente ossigenate non venivano attaccate dalla malattia.„


“...L’uomo deve sviluppare una nuova conoscenza di sé, del suo essere al mondo, dei suoi rapporti con gli altri uomini e con gli altri esseri viventi. Questa nuova coscienza deve ritrovare una componente spirituale con cui bilanciare l’ossessivo materialismo del nostro tempo. Solo allora sarà possibile sperare in una civiltà globale nuova e sostenibile. Quella attuale è ormai una civiltà in fase di imbarbarimento, una civiltà che ci ha condotti in un vicolo cieco. Dobbiamo uscirne.„

“...Certo, c’è una contraddizione di fondo tra la cultura indiana in cui lo yoga è nato qualche millennio fa e la nostra moderna società in cui lo yoga è stato appena trapiantato. La prima aveva come massima aspirazione il controllo di ciò che è più immateriale nell’uomo: la mente. A noi invece interessa proprio il contrario: il controllo della materia attraverso la scienza e la tecnologia. Lo yoga, che letteralmente significa «unione», era inteso a liberare l’uomo dall’illusione di essere di essere un’esistenza individuale, separata dal resto dell’universo, per unirlo appunto con dio.
Ma come può questo fine essere perseguito in seno a una società come la nostra, completamente dominata invece dal principio dell’individualità e della separazione? Forse il solo provarci crea conflitti, schizofrenie e quella tristezza che si sente attorno...„


“...Ogni giorno ci sono nuove storie di massacri, ingiustizie, torture, ma ci si fa appena caso. Siamo sopraffatti. Pensiamo di non poterci fare nulla e così tutti diventiamo sempre più complici del più semplice dei crimini: l’indifferenza.
Nessuno ha più risposte che contano, perchè nessuno pone più le domande giuste.
...La scienza è arrivata a clonare la vita, ma non a dirci che cos’è la vita. La medicina è riuscita a rimandare la morte, ma non a dirci che cosa succede dopo la morte. O sappiamo forse davvero che cosa permette ai nostri occhi di vedere e alla nostra mente di pensare?.„


“...L’uomo si guarda attorno, vede il mondo e fa alcune considerazioni. La prima è che tutto ciò che vede è fuori da lui. Il mondo gli appare distinto da sé, come qualcosa da cui si sente separato. Siccome tutto ciò che vede è infinitamente più più grande di lui, l’uomo si sente misero, isolato, vulnerabile come una piccola onda che, intimorita dalla vastità dell’oceano, sogna solo di essere un’onda più grossa, più possente, per non venire schiacciata dalle altre onde. In questa percezione di due entità distinte - colui che vede e ciò che viene visto, colui che conosce e ciò che viene conosciuto - è radicata la perpetua insoddisfazione dell’uomo. E la sua tristezza.
La seconda considerazione che l’uomo fa è che il mondo esiste già quando lui lo vede...
L’uomo si mette allora in cerca di un creatore, in cerca di un dio, anche quello necessariamente fuori da sé, capace d’aver fatto l’intero universo, compreso l’uomo stesso.

Nelle religioni, l’uomo finisce sempre per restare con una limitata visione di sé, appunto perchè tutto ciò che l’Io percepisce è fuori dall’Io, e perchè l’uomo prende per realtà indiscutibile quella distinzione fra sé e ciò che percepisce e conosce. Esattamente come fa l’onda, che vede l’oceano come una cosa diversa da sé. Eppure appena l’onda si rende conto che è fatta d’acqua, che le altre onde sono fatte d’acqua e che l’oceano intero è solo acqua, il suo senso di inadeguatezza, di separazione svanisce.
...Non appena l’uomo scopre che lui stesso è totalità, che non c’è dualità - fra creatore e creato, fra chi vede e ciò che è visto, fra se stesso e dio -, l’uomo si accorge che ciò che gli appare come una esistenza separata, in realtà non è tale, perchè niente esiste indipendentemente dalla totalità.
...L’onda non ha bisogno di diventare oceano, deve solo rendersi conto di essere l’oceano. Si è quello che si è. Non c’è da cambiare, c’è semplicemente da capire chi si è.„


“...Nella spinta laica e iconoclasta verso un’idea tutta materiale di libertà individuale, abbiamo combattuto una lunga tradizione, abbiamo ridicolizzato ogni credo, eliminato ogni rituale, togliendo con questo mistero, cioè la poesia, dalla nostra esistenza.
Si nasce, si vive e si muore ormai senza che una cerimonia, senza che un rito marchi più le tappe del nostro essere al mondo.
L’arrivo di un figlio non comporta più alcun atto di riflessione, solo la denuncia all’anagrafe. Le giovani coppie ormai convivono, non si sposano più e il solo rito a cui partecipano è il trasloco... Mancando il contatto simbolico con il sacro, manca l’impegno. La morte stessa è vissuta ormai senza la consapevolezza e le consolazioni del rito.
...In India un contadino non esce di casa al mattino senza piegarsi a toccare la soglia della porta, una donna non comincia la sua giornata senza offrire al sole qualche goccia d’acqua.
Per un indiano tutta la vita è un rito. Il primo viene celebrato ancor prima che lui venga concepito. Gli altri, a ogni «passaggio». C’è un rito per quando smette di poppare, uno per quando viene portato fuori di notte a vedere per la prima volta le stelle, uno per il primo taglio di capelli, uno per quando diventa brahmacharya... E avanti così fino alla morte, quando il suo cadavere viene dato alle fiamme sulla pira accesa dal primo figlio maschio con lo stesso fuoco con cui il defunto è stato iniziato ai Veda, e con cui è stata fatta la puja del suo matrimonio...„


“...Avere da mangiare in tavola è diventata una cosa ovvia, almeno in Occidente. Non è una sorpresa di cui ringraziare qualcuno. E così si mangia, si mangia, ci si rimpinza come degli automi, magari guardando la televisione o leggendo il giornale appoggiato al bicchiere.„

Gandhi era convinto che «piccolo è bello» e l’economista Fritz Shumacher, suo grande ammiratore, sviluppò quell’idea in una teoria economica. ...Egli sosteneva la necessità di proteggere le piccole imprese locali contro le grandi aziende e le multinazionali che altrimenti se le sarebbero mangiate come i pescecani mangiano i pesciolini. Shumacher diceva, come Gandhi, che l’economia si deve fondare «su ciò che conta per l’uomo» e non sul principio amorale del profitto.„

“...disse il medico ayurvedico Mahadevan. ...le emorroidi per noi sono una grande malattia. Sono un segno importante di qualcosa di molto grave nella parte inferiore dell’addome.
...Secondo lui l’evidente aumento del cancro nelle popolazioni dei paesi industrializzati era dovuto a quello che chiamava «l’uso perverso» del proprio tempo, della propria intelligenza e del diventare sempre più schiavi degli oggetti percepiti dai sensi.
«Più la gente si allontana dalla natura, più si ammala. Oggigiorno l’uomo è sempre più egoista, pensa solo a divertirsi, a godere, a indulgere nel mangiare e bere. Molte malattie sono causate dal mangiare eccessivo che consuma troppo agni. Mangiare poco non causa alcuna malattia. Le vecchie regole del comportamento sociale e personale vengono seguite di meno in meno...»
Secondo Mahadevan, col giusto modo di mangiare, lo stomaco deve riempirsi solo per metà di cibi solidi, per un quarto di liquidi e per un quarto d’aria. Mentre si mangia bisognerebbe bere, ma assolutamente non parlare, appunto per non aumentare la quantità d’aria che ingeriamo.
...la durata della vita umana si riduce o anche si dimezza se il corpo è sottoposto a troppi sforzi, se la dieta non gli è congeniale, i pasti sono irregolari, se non si tiene nelle posizioni giuste, se indulge troppo nel sesso, se non sopprime i desideri che possono essere soppressi e se sta in compagnia di persone ignobili. ...è da questi comportamenti contrari alla morale della vita che nasce la malattia.„


“...Il vecchio indiano disse: la vera conoscenza non viene dai libri, neppure da quelli sacri, ma dall’esperienza. Il miglior modo per capire la realtà è attraverso i sentimenti, l’intuizione, non attraverso l’intelletto. L’intelletto è limitato.
...Vedanta, buddhismo, induismo, jainismo: l’uno non esclude l’altro. Questa è l’India; una civiltà fatta di varie religioni, tutte però fondate su alcune idee di fondo che nessuno, da Buddha in poi, ha mai messo in discussione.
«Questo non è il solo mondo», disse, indicando con un ampio gesto del braccio l’intero orizzonte.
«Questo non è il solo tempo», e puntò il dito contro l’orologio.
«Questa non è la sola vita», e indicò se stesso.
«E questa non è la sola coscienza». Toccandosi il petto concluse: «Ciò che è fuori è anche dentro; e ciò che non è dentro non è da nessuna parte».

«...Per questo viaggiare non serve. Se uno non ha niente dentro, non troverà mai niente fuori. È inutile andare a cercare nel mondo quel che non si riesce a trovare dentro di sé».„


“...Meraviglioso il silenzio! Eppure noi moderni, forse perchè lo identifichiamo con la morte, lo evitiamo, ne abbiamo quasi paura. Abbiamo perso l’abitudine a stare zitti, a stare soli. Se abbiamo un problema, se ci sentiamo prendere dallo sgomento, preferiamo correre a frastornarci con qualche rumore, a mischiarci a una folla anzichè metterci da una parte, in silenzio, a riflettere. Uno sbaglio, perchè il silenzio è l’esperienza originaria dell’uomo. Senza silenzio non c’è parola. Non c’è musica. Senza silenzio non si sente. Solo nel silenzio è possibile tornare in sintonia con noi stessi, ritrovare il legame tra il nostro corpo e tutto-quel-che-ci-sta-dietro.
...Senza distrazioni, senza stimoli esterni, la mente era libera di seguire i suoi fili, di uscire dai suoi limiti e alla fine di calmarsi. Una mente silenziosa non vuol dire una mente senza pensieri. Vuol dire che i pensieri avvengono in quella quiete e possono essere meglio osservati. Possono essere pensati meglio.
Mai come oggi il mondo avrebbe bisogno di maestri del silenzio e mai come oggi ce ne sono così pochi.„


“...Non occorre andare a cercare lo straordinario quando l’ordinario, se osservato davvero, ha in sé tanto di sorprendente. Di Divino.„

“...Avevo rafforzato l’idea che la soluzione ai problemi umani non può venire dalla ragione, perchè proprio la ragione è all’origine di gran parte di quei problemi.
La ragione, che pur ci è stata di grande aiuto e ha contribuito al nostro benessere, soprattutto quello materiale, ci ha ora messo in catene. Dopo aver negato qualsiasi ruolo alle nostre emozioni e all’intuito, dopo aver fatto dei sogni una lingua morta, la ragione ci impone ora di pensare e parlare esclusivamente a suo modo.
La ragione ha tagliato via dalle nostre vite il mistero, ci ha fatto dimenticare le favole, ha reso superflue le fate e le streghe che invece servivano tanto a completare il nostro altrimenti arido panorama esistenziale.„


“...La soluzione è dentro di noi, si tratta di conquistarla facendo ordine, buttando via tutto ciò che è inutile e arrivare al nocciolo di chi siamo.
Bisogna resistere alle tentazioni del benessere, alla felicità impacchettata; bisogna rinunciare a volere solo ciò che ci fa piacere. Bisogna non abbandonare la ragione per darsi alla follia, ma bisogna capire che la ragione ha i suoi limiti, che la scienza salva, ma che anche uccide e che l’uomo non farà alcun vero progresso finchè non avrà rinunciato alla violenza. Non a parole, nelle costituzioni e nelle leggi che poi ignora, ma nel profondo del suo cuore.„



Tiziano Terzani, da Un altro giro in giostra (Longanesi 2004).





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